Neuromarketing: cos'è e come usarlo per il tuo business

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Il neuromarketing è l’applicazione della neuroscienza all’economia, per analizzare ciò che avviene inconsciamente nel cervello dei consumatori al fine di influenzare i processi decisionali.

Complicato? Non c’è problema, mi spiego meglio.

Se hai un ecommerce, o un qualunque altro tipo di business, sicuramente ti sarai chiesto come convincere i tuoi clienti ad acquistare. 

Ma ti sei chiesto perché i tuoi clienti scelgono di acquistare? Cosa spinge il consumatore a preferire un brand all’altro? La risposta a queste domande sta nel neuromarketing. 

Ma cosa significa neuromarketing? Se il marketing tradizionale cerca di spiegare i comportamenti dei consumatori tramite sondaggi o analisi di mercato, il neuromarketing mira alla comprensione dei meccanismi - consci e inconsci - del cervello umano. 

Ti ho incuriosito? 

Allora non perdiamo altro tempo e scopriamo subito come funziona il neuromarketing e come puoi sfruttarlo per spingere i tuoi clienti all’acquisto. 

Neuromarketing - definizione 

Il neuromarketing è una disciplina recente che si occupa di studiare il funzionamento della mente umana per prevedere e - potenzialmente - influenzare i comportamenti e il processo decisionale dei consumatori. 

In pratica, stiamo parlando di una scienza - la neurobiologia - in grado di spiegare il comportamento delle persone e il loro coinvolgimento emotivo di fronte ad un brand. 

Se sei un esperto (o un appassionato) di marketing, capirai che si tratta di una vera e propria rivoluzione in questo campo. 

Ma quando nasce il neuromarketing? Fu il neuroscienziato e premio Nobel per la medicina, Francis Crick, a ipotizzare che tutti i sentimenti, i pensieri e le azioni fossero in realtà dettate dall’attività neurale del cervello. 

Immagina di poter prevedere cosa faranno i clienti del tuo ecommerce, in modo da pianificare le tue strategie di marketing di conseguenza. E adesso immagina di poter sfruttare i meccanismi della mente per poter promuovere i tuoi prodotti. 

Ecco cosa può fare il neuromarketing per il tuo business. 

A questo punto potresti chiederti: “Quindi basta sostituire il marketing tradizionale con il neuromarketing?”. 

No, sono assolutamente complementari. Vediamo perché.

Neuromarketing vs Marketing tradizionale

Partiamo dalle basi. 

L’obiettivo del marketing è studiare le azioni e comprendere i bisogni del consumatore, per poter modificare l’offerta con lo scopo di aumentare il profitto dell’azienda. 

Il neuromarketing si concentra invece sulla mente del consumatore, sul perché esso si comporta in un determinato modo e su come arriva a svolgere determinate azioni. 

Vedila così: grazie al neuromarketing, i marketer non devono più basare le loro scelte solo sul comportamento degli utenti, sui test e sui feedback ricevuti. Hanno ora uno strumento che gli permette di identificare delle reazioni - più o meno automatiche - che si applicano all’intera popolazione.

Al tempo stesso, proprio perché queste reazioni sono così generiche, è necessario condurre test ed effettuare una segmentazione del mercato per poter comprendere appieno la tua audience. 

Capire cos’è il neuromarketing e come usarlo per il tuo business è un passo fondamentale per integrare le tue attuali strategie di marketing tradizionale.

Mi piacerebbe poterti dire che il neuromarketing è un incantesimo in grado di offrirti qualunque risposta a qualunque domanda, ma purtroppo non è così. 

Nel marketing, neuro o tradizionale che sia, non esistono bacchette magiche. 

Quello che esiste è però una serie di tecniche e strategie che vanno a colmare le lacune lasciate dal marketing tradizionale, e che ti permette di avere una visione più chiara e dettagliata della tua nicchia di mercato

capire il neuromarketing

Esempi di neuromarketing e studi sul comportamento dei consumatori

Prima  di entrare nel vivo dell’argomento e passare alla parte più complessa relativa ai processi decisionali, ai comportamenti di consumo e così via, lascia che ti faccia qualche esempio in modo da mostrarti come nasce il neuromarketing.

Il neuromarketing è una disciplina recente, possiamo farla risalire al 2002 grazie agli studi di Ale Smidts, professore alla Rotterdam School of Managment che per primo ne coniò il termine.

Successivamente, nel 2004, sono stati compiuti alcuni esperimenti. Nel primo esperimento ad un gruppo di fumatori sono state mostrate le immagini presenti sui pacchetti di sigarette e furono collegati ad apparecchi di imaging biomedico per rilevare le loro reazioni.

Al termine dell’esperimento molti dichiararono di aver avuto l’impulso di smettere di fumare ma in base ai dati dell’apparecchio i ricercatori dimostrarono che questa non era la verità e che, anzi, il loro desiderio di fumare era aumentato. Quindi seppur inconsciamente i fumatori avevano dichiarato il falso.

Un altro esempio che voglio farti riguarda un esperimento che consisteva in un confronto tra Coca Cola e Pepsi. Ad un gruppo di consumatori furono offerti due bicchieri senza etichette e contenenti entrambe le bevande. Il campione preferì nettamente la Pepsi. Quando invece fu mostrato loro l’etichetta ben il 75% disse di preferire Coca Cola.

Il primo esempio dimostra che anche se inconsciamente le persone non sempre dicono la verità e quindi i sondaggi sono veritieri fino ad un certo punto; il secondo invece dimostra l’importanza della percezione che le persone hanno di un brand.

Questi sono ottimi esempi di neuromarketing e di come questo può applicarsi ai brand e alle strategie aziendali.

Neuromarketing e processi decisionali, come usarli per il tuo business

Bene, ora che hai capito l’importanza di entrambe le strategie, è arrivato il momento di approfondire il concetto di neuromarketing e come funziona, per poter migliorare il tuo business. 

Proseguendo nella lettura vedrai come neuromarketing e pubblicità sono ormai un binomio indissolubile di cui non potrai fare a meno se vuoi veder decollare la tua azienda.

Una delle potenzialità del neuromarketing sta nella capacità di creare nel consumatore, a seguito di uno stimolo, un riflesso incondizionato per cui il pubblico pensa immediatamente a un determinato brand.

Ecco 3 cose da tenere a mente per riuscirci:

1. Rendi il tuo brand memorabile

Sì, sì, so cosa stai pensando: “scontato”. Marketer di tutto il mondo hanno già ripetuto più e più volte quanto sia importante per un brand assicurarsi che i propri clienti lo ricordino. 

E magari hai già seguito tutte le strategie: un nome di dominio accattivante, un sito web ben pubblicizzato, inserzioni su Facebook mirate ed email marketing. Il pacchetto completo. 

Eppure il tuo brand non è così riconosciuto come speravi. 

Ti sei mai chiesto perché? Ma soprattutto, ti sei mai chiesto quali stimoli sensoriali dovrebbero contenere i tuoi messaggi, affinché il tuo pubblico possa iniziare a ricordare il tuo brand? 

Pensa ai brand più famosi e alle pubblicità che li hanno resi così memorabili. Noterai che in ogni pubblicità ci sono degli elementi, che stimolano uno dei sensi dello spettatore, ripetuti diverse volte.

A seguito di questi stimoli, lo spettatore ha una reazione - positiva o negativa - abbastanza forte da permettergli di memorizzare perfettamente il brand e il suo messaggio. 

Non sei convinto? Cosa pensi se dico “Red Bull”? Scommetto che immediatamente, parte del tuo cervello ha pensato “Ti mette le aaalii”

pubblicità redbull

Non solo Red Bull è riuscita a creare uno slogan particolarmente memorabile, grazie a questo tipo di comunicazione, ha giocato sulle emozioni creando un bisogno. E milioni di persone, ogni volta che hanno bisogno di una spinta in più, si rivolgono al celebre energy drink. 

Un’altra prova: “Dove c’è Barilla...”. Hai già completato, vero? Non c’è bisogno che ti dica come continua. Anche in questo esempio, oltre allo slogan memorabile, Barilla ci fa pensare non solo a un bel piatto di pasta, ma anche al calore dato dalla famiglia e dalla casa. 

Insomma, hai capito. Tutto sta nel trovare il modo per rendere il tuo brand memorabile, ma non devi necessariamente concentrarti sulle pubblicità. 

Pensa ad esempio all’introduzione dei giochi di Electronic Arts, uno dei principali produttori di videogiochi.

Quante volte hai sentito questa sigla? Io non ho mai giocato alla Play Station, eppure conosco il motivetto alla perfezione. Saprei persino riprodurne il logo. 

2. Sfrutta il potere dell’inconscio

L’inconscio ha un ruolo fondamentale nel processo d’acquisto. 

Nonostante molti dei nostri acquisti siano guidati principalmente da decisioni coscienti - soprattutto quando si tratta di investire una somma di denaro importante - ci sono dei processi inconsci che portano a comportamenti spontanei. 

Per capire quale tipo di processo (cosciente o inconscio) avvenga nella mente dei tuoi clienti, devi prima di tutto identificare che tipo di prodotto vendi sul tuo ecommerce: 

  • Prodotti di convenienza: tutti quei beni e servizi che il consumatore acquista di frequente (i nostri amati clienti abituali), a un prezzo relativamente basso. 
  • Prodotti di impulso: hai presente quando vai al supermercato per comprare la pasta e il latte e torni con un profumo, due diversi tipi di detersivi, e un imperdibile accessorio per la cucina che era scontato del 50%? Ecco, allora sai di cosa sto parlando. 
  • Prodotti di acquisto ponderato: sono quei prodotti per cui è necessario riflettere un momento, prima di procedere con l’acquisto. Spesso i brand che vendono questo tipo di prodotti hanno anche un servizio di customer care pre e post vendita. 
  • Prodotti speciali: hai capito bene, sto parlando dei beni di lusso. Ovvero tutti quei prodotti che il consumatore acquista raramente, che comportano un notevole impegno economico, e per i quali è disposto a valutare attentamente brand e offerte diverse. 

A questo punto ti dovrebbe essere chiaro il tipo di categoria a cui appartiene il tuo prodotto o servizio. E ora? 

Ora devi pensare a come formulare il tuo messaggio pubblicitario in modo che possa scatenare quei processi - consci o inconsci - che porteranno il tuo potenziale cliente all’acquisto. 

3. Crea una connessione emotiva ed evita gli stereotipi 

Soprattutto per quanto riguarda la segmentazione del mercato, l’abitudine è spesso quella di affidarsi a stereotipi. 

Nonostante questa strategia possa portare dei risultati positivi, il neuromarketing tende a tenersi alla larga da qualunque tipo di stereotipo o generalizzazione. 

I consumatori di oggi sono costantemente bombardati da centinaia (se non migliaia) di pubblicità, in tutti i colori e in tutti i formati possibili. Motivo per cui non si può più parlare di “cliente tipico”, e quel cliente è altamente critico nei confronti delle pubblicità basate su stereotipi. 

Ecco perché è importante differenziare il proprio prodotto o servizio utilizzando le emozioni - e il neuromarketing. Avere un prezzo più basso, dei vantaggi migliori, delle funzionalità più utili potrebbe non essere abbastanza. 

Per catturare davvero il pubblico e convincere i clienti ad acquistare i tuoi prodotti, devi creare una storia, il cosiddetto storytelling, per entrare davvero in contatto con i tuoi clienti. 

Il neuromarketing, in questo senso, rafforza l’idea dell’importanza di una brand identity forte. Applicare il neuromarketing alla tua brand awareness ti permetterà di avere, agli occhi dei consumatori, una voce inconfondibile. 

Il pubblico non comprerà il tuo prodotto perché quel particolare prodotto gli è indispensabile. Sono sicura che potrebbe trovare valide alternative anche rivolgendosi ai tuoi competitor. Il pubblico comprerà il tuo prodotto perché sei tu che lo vendi. 

Come puoi vedere psicologia della comunicazione e neuromarketing sono strettamente legati. Ricordati sempre che il tuo messaggio è diretto ad esseri umani, non soltanto a potenziali acquirenti. Non pensare a loro come se fossero numeri ma come persone. Usa le emozioni.

Ovviamente, sto dando per scontato che il tuo prodotto sia di qualità ed effettivamente utile al consumatore, ma questo è qualcosa che vedremo più sotto. 

Quindi, come usare il neuromarketing per il tuo business? 

  • Abbina uno stimolo emotivo al tuo brand (un oggetto, un colore, un suono) e ripetilo in tutti gli strumenti comunicativi di cui disponi. 
  • Sfrutta le emozioni e i processi mentali consci e inconsci che possono essere generati dal tuo prodotto o dai tuoi messaggi promozionali. 
  • Assicurati che il tuo brand e il tuo prodotto raccontino una storia e siano in grado di creare una connessione emotiva con i tuoi clienti. 

Non so se l'hai notato, ma c'è un comune denominatore tra tutti questi punti...vorrà dire qualcosa, no?

come usare il neuromarketing

Neuromarketing e comportamenti d'acquisto, perché i consumatori comprano? 

Uno dei principali esperti di neuromarketing è Martin Lindstrom, uno dei 100 uomini più influenti al mondo. 

L’idea di neuromarketing di Lindstrom si basa sull’assunto che nessun consumatore sa perché acquista quello che acquista.

Vediamo quindi i motivi principali secondo gli studi sul neuromarketing di Lindstrom.

1. Emozioni

Le emozioni giocano un ruolo fondamentale in ogni aspetto della nostra vita, e gli acquisti non fanno eccezione. 

Per quanto ci possiamo sforzare, le emozioni offuscano inevitabilmente le nostre decisioni. 

Immagina di avere due calici di vino, uno versato da una bottiglia particolarmente costosa e l’altro da una di scarsa qualità. Ora immagina di farli assaggiare a qualcuno - chiaramente non a un esperto - e di presentare il vino più scarso come quello più pregiato, e vice-versa. 

Puoi stare sicuro che chi li assaggerà preferirà di gran lunga il vino di scarsa qualità, solo perché penserà che sia quello più costoso. 

Ecco i miracoli che puoi ottenere con il neuromarketing. 

Presenta bene i tuoi messaggi, sfrutta le emozioni dei consumatori, e potrai influenzare il loro comportamento. 

2. Product placement 

Fino a qualche decennio fa, le pubblicità in televisione e i product placement erano il modo più efficace per far ricordare un prodotto o un brand ai consumatori. 

Oggi, il product placement è efficace solo se eseguito alla perfezione, e i brand lo sanno. Ed ecco che vediamo il distributore di Coca-Cola nell’autolavaggio di Breaking Bad e la Hyundai sempre pulita - anche durante gli attacchi zombie - in The Walking Dead.

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Se fatto male, il product placement può avere l’effetto opposto, quindi far risultare il marchio troppo pesante o, al contrario, non abbastanza visibile. 

3. Messaggi subliminali 

I messaggi subliminali funzionano? Come per il product placement la risposta è: sì, se fatti bene. Con il rischio però di uscire fuori dai limiti etici. 

Ahem, lavaggio del cervello, ahem. 

Ciononostante, il fatto che i messaggi subliminali funzionano ci fornisce un dato importante per quanto riguarda il processo d’acquisto.

Le nostre menti - estremamente potenti, e ancora in gran parte inesplorate - sono in grado di leggere e memorizzare un’immagine prima che noi stessi ce ne rendiamo conto. 

4. Rituali 

Tranquillo, non sto parlando di quelli vudù! 

Ognuno di noi ha dei rituali, delle abitudini, dei gesti quotidiani che ci aiutano a mettere un po’ di ordine nel caos della vita di tutti i giorni.

Ed è anche grazie a questi rituali che siamo affezionati e fedeli a determinati brand. 

Chi è abituato a bere caffè Nespresso non accetterà mai che Illy possa essere superiore, così come chi fa da anni la doccia con Garnier non passerà mai a Palmolive. 

Allo stesso modo, chi ama la Nutella non può far altro che chiedersi:

che mondo sarebbe senza nutella

So cosa stai pensando, certo, mai dire mai. Ma hai capito dove voglio arrivare. 

Tecniche di neuromarketing per il tuo business: sfrutta i bias cognitivi

Pronto? Un po’ di tecnicismi per definire i bias cognitivi: i bias cognitivi sono delle forme di comportamento mentale che deviano dalla norma o dalla razionalità e creano una realtà soggettiva per l’individuo. 

In parole semplici, si tratta di elementi che il cervello registra e interpreta in modo personale, non necessariamente logico, e che di conseguenza possono portare a un errore di valutazione. 

Nel neuromarketing sono fondamentali, perché possono essere utilizzati per creare elementi positivi in grado di spingere il consumatore all’acquisto. 

Vediamo quali sono i principali. 

Effetto +1 sulla scelta di Hobson 

La scelta di Hobson è una situazione in cui l’utente è messo di fronte a un’unica opzione, che può prendere o lasciare. Aggiungere il +1 vuol dire offrire al consumatore due opzioni tra cui scegliere, facendo in modo che la scelta sia effettivamente triplice (prendere 1, prendere 2 o lasciare). 

Diversi studi hanno dimostrato che, di fronte alla scelta di Hobson è più probabile che le persone scelgano di lasciare e non di prendere. Aggiungendo un’altra scelta all’equazione, aumentano le probabilità che le persone optino per una delle due scelte offerte. 

Ma come applicare questo bias al tuo ecommerce? 

Offri ai tuoi clienti diverse call to action. Non lasciare che la loro scelta sia fra abbandonare il tuo negozio o acquistare il tuo prodotto. Aggiungi anche l’opzione di salvare il prodotto per dopo (in questo modo, potrai anche contattarli in seguito con l’email marketing per ricordare loro che il prodotto che hanno salvato è lì che li aspetta).

Effetto di posizione 

Non è necessario essere un esperto di design per sapere che il posto in cui scegli di posizionare determinati elementi ha un effetto sulla scelta e sul comportamento delle persone.

Attenzione, questo non vale solo per i siti web. Ti sei mai chiesto come mai nei supermercati trovi i prodotti più costosi sempre all’altezza dello sguardo? E come mai i prodotti che non ti servono davvero, ma che costano relativamente poco, sono sempre vicino alle casse? Ta-dan! Indovinato: neuromarketing

Come usarlo per il tuo ecommerce? Ad esempio, potresti posizionare le call to action in modo che siano facilmente visibili dai visitatori, o potresti scegliere dove inserire un particolare messaggio all’interno del tuo sito. 

Se vuoi comunicare ai tuoi clienti un’offerta speciale, dovresti prediligere le aree più in alto del tuo sito, come l’intestazione. In questo modo aumenterai la probabilità di catturare l’attenzione del visitatore. 

Effetto di esposizione diretta

I consumatori hanno bisogno di essere rassicurati. Ecco perché è importante esporli con regolarità e in modo ordinato agli elementi con cui vogliamo che interagiscano. 

Questo effetto ha una duplice applicazione. 

Si utilizza con le pubblicità: pensa a come le pubblicità (online o in televisione) presentano un prodotto ai consumatori, assicurandosi che diventi familiare e riconosciuto. Sarà molto più probabile acquistare un prodotto già visto, rispetto a uno del tutto sconosciuto. 

Per quanto riguarda gli ecommerce, invece, si applica ai pulsanti di call to action. Prova a esporre più volte i tuoi visitatori alle CTA che ti interessano: acquista, prenota, contatta, iscriviti. Non solo, mostrare lo stesso pulsante più volte aumenterà anche la possibilità che i visitatori lo notino e decidano di conseguenza di cliccarci sopra. 

Nota ad esempio come nella pagina principale di Shopify, ci sono due CTA che invitano il visitatore a compiere la stessa azione.

homepage shopify

Bisogno di certezza

Sarai sicuramente già a conoscenza dell’importanza delle recensioni. Le persone amano sentirsi rassicurate, e sapere che altri si sono trovati bene con un determinato prodotto o servizio aumenta la probabilità che decidano anche loro di acquistare quel bene. 

Ti sei mai chiesto perché? Ancora una volta la risposta è nel neuromarketing, nel bias del bisogno di certezza.

Rispondere al bisogno di certezza dei tuoi clienti, fornendo loro informazioni rassicuranti, ti permetterà di guadagnare la loro fiducia. Provare per credere. 

Effetto piede nella porta

Questo bias si basa sull’assunto che sia più efficace chiedere al consumatore qualcosa di piccolo per poi chiedergli qualcosa di grande. 

Anche in questo caso, è un concetto già sentito. Lo abbiamo visto nei funnel di vendita, nell’upselling e nel cross-selling

L’idea è: è più facile convincere un visitatore a lasciarti la tua email, piuttosto che a effettuare un acquisto durante la sua prima visita. Quindi punta prima sulla richiesta minore. 

Ma non pensare che sia un concetto nuovo! I supermercati lo usano da tempo con le tessere punti. Basta lasciare pochi dati e sono gratuite, ma grazie a quelle tessere l’azienda conosce i propri clienti, sa cosa comprano, a che ora, in che periodi e con quale frequenza. 

Effetto della riprova sociale

Il potere dei social network non è un concetto nuovo. Nel neuromarketing, questo bias si basa sull’idea che le persone sono fatte per conformarsi influenzate dalle azioni e dalle decisioni dei loro simili. 

Immagina di stare scorrendo il tuo feed di Instagram, e di vedere un post sponsorizzato di un’azienda di gioielli. Ti piacciono, eri proprio alla ricerca di una collana, e clicchi sul nickname per controllare il profilo. Scopri così che ha 230 follower e una manciata di Mi piace, cosa fai? Con ogni probabilità, abbandonerai il profilo e continuerai con lo scroll down

Se quel profilo avesse avuto 230mila follower e migliaia di Mi piace, avresti sicuramente aperto qualche altra foto, e magari saresti anche entrato nello shop.

Ecco la potenza del neuromarketing nei social: un profilo con più follower è automaticamente percepito come più affidabile, più rispettoso, più degno del tuo tempo. 

E a proposito di questo dai un’occhiata qui se vuoi sapere come aumentare i follower su instagram.

BIAS COGNITIVI NEUROMARKETING

Neuromarketing applicato all’ecommerce e al web design 

A questo punto è chiaro che il neuromarketing sia una scienza che può letteralmente fare miracoli per il tuo business.

Non solo per quanto riguarda la promozione, ma anche per il design del tuo sito web.

Ma come puoi sfruttare il neuromarketing durante la creazione del tuo sito web

Usa i colori adatti 

I colori sono fondamentali per suscitare emozioni nei visitatori del sito. Non a caso, la psicologia dei colori dimostra proprio come il significato dei colori influenza i brand. 

Il blu è associato all’affidabilità e alla pulizia, il viola al lusso, il verde alla natura. 

Ma non solo, pensa a come associamo alcuni colori a brand particolari. Se pensi al rosso ti vengono in mente Coca-Cola, Valentino, Vodafone. Se pensi al bianco pensi a Nike, Adidas, Chanel. 

Quindi, quando scegli i colori per il tuo sito e per il tuo logo, pensa a che tipo di emozione vorresti collegare il tuo brand. 

Scegli le parole giuste 

Le parole sono meravigliose, importanti e potentissime. Hanno letteralmente il potere di creare e modificare la realtà che ci circonda. 

I miei studi di linguistica in università mi hanno portata ad amare la semantica e lo studio del significato delle parole, ma non è necessario soffermarsi su retorica e filosofia del linguaggio per poter scegliere le parole giuste per il tuo sito. 

Cerca però di essere creativo, esplicito e semplice da comprendere, e sfrutta il content marketing per presentare il tuo ecommerce e quello che vendi al suo interno in modo accattivante e ispirazionale. 

Facilita la navigazione  

Colori, parole, ma anche design. Durante la creazione del tuo sito ecommerce, chiediti sempre “Come fare a far cliccare i clienti sui prodotti?”, “Come far compiere un preciso percorso ai miei visitatori?”. 

Studia l’esperienza degli utenti e assicurati di creare un design efficace, in modo che chi arriva sul tuo sito segua un determinato percorso in modo fluido e naturale. 

Tieni bene a mente il tuo obiettivo e progetta il tuo sito di conseguenza.

neuromarketing per ecommerce

Neuromarketing, raccolta di dati neurologici e biometrici

Ora che abbiamo visto cos’è il neuromarketing e tutte le tecniche che puoi mettere in pratica per sfruttarlo al meglio per il tuo business, andiamo più a fondo e cerchiamo di capire come funziona la raccolta di questi dati neurologici.

Niente paura, nessun trattato di neurobiologia! Solo una breve panoramica sui metodi di raccolta più utilizzati.

Brain imaging per il neuromarketing

Si tratta di una tecnica diagnostica che rileva l’attività cerebrale durante l’esposizione ad uno stimolo esterno e restituisce un’immagine strutturale del cervello principalmente attraverso due sistemi.

  1. Risonanza magnetica funzionale (fMRI): vengono rilevate le aree del cervello caratterizzate da un flusso sanguigno più intenso. La rilevazione avviene prima, durante e dopo l’esposizione allo stimolo per avere immagini complete delle variazioni dell’attività neurale.

  2. Elettroencefalogramma (EEG): attraverso l’applicazione di elettrodi sul cuoio capelluto, consente di rilevare l’attività elettrica cerebrale. Questo sistema fornisce una grande quantità di informazioni. È in grado di dirci, infatti, l’intensità dell’attenzione del soggetto, la propensione ad apprendere nuove informazioni e la capacità di collegarle a vissuti precedenti. Questo permette di capire quanto è coinvolto emotivamente il consumatore con quel determinato prodotto o marchio.

Esistono anche altri metodi di raccolta di dati neurologici come la topografia a stato stazionario o la magnetoencefalografia, ma non avevamo detto di evitare il trattato di neurobiologia?

Sistemi di rilevazione di dati biometrici

Questi sistemi si occupano di rilevare i movimenti degli occhi (Eye Tracker), le espressioni del viso (Facial Coding System), la frequenza cardiaca (HR) e l’attività elettrodermica (EDA) quando un consumatore viene sottoposto a degli stimoli oppure compie un’azione.

L’Università La Sapienza di Roma ha effettuato degli studi sul neuromarketing attraverso la società BrainSigns che ha realizzato dei test dimostrativi su volontari.

I soggetti sono stati sottoposti a stimoli visivi attraverso la realtà virtuale e sono stati invitati a procedere naturalmente come se stessero facendo acquisti in un supermercato.

In alcuni casi questi test vengono effettuati singolarmente, ma la soluzione ottimale è la triangolazione dei valori che fornisce una maggiore precisione del risultato.

L’esito di questi test è stato molto interessante. Oltre al movimento degli occhi che hanno trasmesso l’interesse su alcuni prodotti, sono state rilevate anche battito cardiaco ma soprattutto sudorazione ed elettricità trasmessa dalla pelle.

Questi valori sono incredibilmente aumentati quando i soggetti hanno (virtualmente) afferrato il prodotto dallo scaffale e drasticamente diminuiti quando sono stati riposti nel carrello.

Ciò ha dimostrato il coinvolgimento emotivo e fisico del consumatore nell’attività di acquisto.

Per chiarire ulteriormente il mio discorso voglio farti un altro esempio: sempre la stessa azienda si è occupata, questa volta su commissione, di esaminare le reazioni di un campione di persone ad un nuovo spot.

Ricordi il ballerino della TIM? Bene, Brain Signs è stata incaricata di valutare le reazioni umane di fronte a questo spot prima che questo venisse lanciato.

Sono stati rilevati i movimenti oculari, il battito cardiaco, l’attività cerebrale e la conduttanza cutanea. I risultati sono stati incredibili. Durante tutta l’esposizione allo spot i valori che identificavano l’emozione generata nei soggetti erano tutti positivi ed elevati.

neuromarketing esempio TIM

La combinazione dell'energia del ballo e della musica allegra e coinvolgente ha fatto il suo dovere. 

Ma la ricerca non si è limitata a questo, lo studio è stato in grado di dimostrare che l’esposizione ripetuta a questo stimolo nel tempo, non generava un calo dell’attenzione, un minore coinvolgimento emotivo.

In parole povere, anche dopo aver visto più e più volte questo spot le persone non si annoiavano.

Questa ricerca, effettuata mesi prima del lancio dello spot, ha permesso a TIM di sapere in anticipo il seguito che avrebbe avuto, con un notevole risparmio di risorse nel caso in cui fosse stato un flop. Cosa che non è avvenuta come sappiamo, esattamente come aveva previsto la ricerca.   

Da qui puoi capire la potenza di questo mezzo. Il neuromarketing attraverso la raccolta di dati neurologici è in grado di prevedere le reazioni umane.

Applicazione del neuromarketing nel digital

Ma come viene applicato tutto questo nell’era del digital? Tutte le tecniche di cui abbiamo parlato finora trovano applicazione nel mondo fisico, collegando le persone a elettrodi e costose macchine...ma c'è modo di sfruttare le tecniche di analisi tipiche del neuromarketing offline anche online.

Sistemi come il gaze plot e le heat maps consentono di rilevare l’ordine di visualizzazione degli elementi, la fissazione oculare su un elemento in particolare e quanto questa è durata. 

La rilevazione dei movimenti oculari non fa riferimento soltanto al mondo reale, non parliamo solo degli oggetti presenti sullo scaffale del supermercato.  

Questo sistema permette, ad esempio, di valutare l’interesse di un consumatore davanti ai Google Ads o ancora rilevare cos’è che interessa di più ai visitatori di una pagina web, per proporgli il prodotto giusto.

heatmap neuromarketing

So che qualcuno a questo punto potrebbe avere qualche remora, qualche riserva su quello che può significare tutto questo a livello morale ed etico. Parliamone. 

Etica nel neuromarketing

Partiamo da un assunto importante: il neuromarketing non è in grado di manipolare le decisioni umane, piuttosto mette in atto una serie di sistemi che possono prevederle o semplicemente rilevarle.

Finora i risultati sono stati straordinariamente interessanti e costituiscono un importante supporto per creare un brand di successo ed ottimizzare gli investimenti in pubblicità e promozione, ma la decisione finale resta sempre del consumatore.

Come abbiamo già detto, la linea di demarcazione sotto cui non si può scendere è ovviamente la qualità dei prodotti. Ma questo può essere quasi dato per scontato (se il tuo prodotto è scadente non importa quali tecniche avanzatissime di neuromarketing potrai mettere in campo, avrai vita breve).

È anche vero che, come sostiene Martin Lindstrom, i progressi fatti finora ci forniscono molte informazioni che però ancora non siamo in grado di interpretare fino in fondo. Insomma, la strada per una piena conoscenza del neuromarketing è ancora lunga.

Pertanto, finché non si avrà una conoscenza approfondita, non saremo in grado di stabilire i limiti etici precisi da porre a queste ricerche. 

Per questo motivo è nata la neuroetica, una disciplina che si occupa di valutare le conoscenze neuroscientifiche dal punto di vista morale. 

Infine, un primo passo verso una regolamentazione internazionale delle applicazioni neuroscientifiche nel marketing, è stato fatto con l’istituzione, nel 2012, della Neuromarketing Science and Business Association (NMSBA).

Questa associazione ha gettato le basi per la prima realizzazione di un codice etico internazionale.

Come ha affermato professor Vincenzo Russo, Direttore Scientifico del Centro di Ricerca Behavior and BrainLab IULM, “Il neuromarketing non manipola ma misura quello che fa il marketing. Un’applicazione adeguata, anche nella tutela delle fasce più deboli e facilmente suggestionabili come bambini e adolescenti, non è responsabilità del neuromarketing quanto delle aziende che ne fanno uso.”

Neuromarketing: libri consigliati

Se ti va di approfondire ancora di più l’argomento che abbiamo trattato puoi dare un’occhiata a questi titoli. 

Neuromarketing: conclusione 

A questo punto dovrebbe esserti un po’ più chiaro cosa è il neuromarketing e cosa non è: una scienza estremamente potente per quanto riguarda l’analisi e la comprensione dei consumatori, dei loro bisogni e dei loro comportamenti. Non certo un modo per manipolare la mente e vendere prodotti scadenti.

Ci sono molti altri aspetti, tecniche e strategie che andrebbero considerati per quanto riguarda il neuromarketing, ma rischiamo di sfociare in un trattato infinito. Per questo ti abbiamo consigliato i libri neuromarketing sopra, e ti lasciamo a ulteriori letture e approfondimenti!

Ad ogni modo, se sei riuscito ad arrivare fino a qui hai una buona base su cui iniziare a lavorare per migliorare il tuo business grazie al neuromarketing. 

Se ti va di raccontare la tua esperienza con una o più delle strategie di cui ho parlato in questo articolo, usa la sezione Commenti qui sotto!

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