Annunci di native advertising: cosa sono? Gli utenti di internet sono costantemente bombardati di annunci pubblicitari. E questo ha creato diversi problemi per gli inserzionisti. Un modo per evitare inconvenienti è rivolgersi al native marketing. Ma di cosa si tratta esattamente, cos’è il native marketing e cosa sono i native ads?
Quali sono i due problemi principali con i quali si devono scontrare gli inserzionisti?
- L’uso di applicazioni che bloccano gli annunci è in costante aumento, e sempre più persone evitano attivamente gli ads.
- Le abitudini degli utenti cambiano man mano che ignorano gli ads: il fenomeno è chiamato “banner blindness”, ovvero “cecità nei confronti dei banner”.
Nishat Mehta, esperto di marketing, ha scritto su Forbes: “Evitare le distrazioni è diventato un atteggiamento istintivo. Persino mio figlio, a due anni, ha imparato a cliccare su “Salta annuncio” su YouTube”.
Ed ecco che ci ritroviamo nel ciclo senza fine della pubblicità online:
E ora i piani alti di Internet sono al lavoro per evitare che i clienti vengano bombardati di annunci pubblicitari. Google Chrome e Safari stanno attivamente bloccando tipi di ads particolarmente invasivi.
Ma in realtà, queste sono tutte ottime notizie!
Significa che il modo per avere successo con la pubblicità online è creare degli ad ai quali le persone siano interessate e che desiderino realmente guardare.
Come? Con il native advertising.
Quindi, che cos’è il native advertising e come funziona?
Native advertising: significato
Native advertising: qual è il significato di questa espressione? Fare native advertising vuol dire utilizzare ads a pagamento che si integrano perfettamente all’interno della pagina in cui sono posizionati per aspetto, forma e funzione.
A differenza dei banner o dei video, la pubblicità nativa non ha il classico aspetto di un annuncio.
Proprio per questo motivo, gli esempi di native ads compaiono spesso sui feed dei social media o come contenuti consigliati nelle pagine web che contengono articoli e pubblicazioni online
La pubblicità nativa è discreta, utile e non invasiva.
Lo scopo del native advertising è quello di far sì che gli annunci siano perfettamente integrati nell’esperienza di navigazione dell’utente, tanto che questo quasi non si accorge della presenza di annunci a pagamento; e anche se dovesse accorgersene, sono annunci così poco invasivi da non disturbare la navigazione.
L’idea di native advertising ha iniziato a prendere piede nel 2012, per il bisogno di una forma di pubblicità meno invadente.
È chiaro che il native advertising sia il futuro della pubblicità online.
Secondo Business Insider, il native advertising è stato responsabile del 74% di tutte le entrate provenienti dagli ad entro il 2021.
Native advertising: 6 esempi
Diamo un’occhiata a sei esempi di native advertising tra i più usati dai business.
I post sponsorizzati sui social media sono uno dei tipi di native marketing più comuni online.
In particolare, Instagram è una delle piattaforme più scelte dalle aziende per le loro campagne di native advertising.
Come possiamo vedere nell’immagine qui sotto, i contenuti sponsorizzati appaiono all’interno del feed di Instagram come normali post, con la differenza che, sotto il nome del profilo, puoi vedere la scritta “Sponsorizzato”.
Inoltre, i post sponsorizzati sono ottimizzati e targettizzati in base al mercato di riferimento delle aziende. Il che vuol dire che questi post saranno mostrati a persone che potrebbero essere potenzialmente interessate al prodotto o servizio sponsorizzato con il native advertising.
Proprio per questo motivo, Instagram offre alle aziende la possibilità di aggiungere una call to action come quella nell’esempio qui sopra, “Installa subito”, per cercare di aumentare ancora di più il loro tasso di conversione.
2. Contenuto sponsorizzato da influencer
Spesso i brand scelgono di collaborare con influencer per sponsorizzare i loro prodotti o servizi, come in questo esempio di native advertising in Italia:
3. Ricerca a pagamento e inserzioni sponsorizzate
Un’altra forma piuttosto comune di native advertising è la ricerca a pagamento, che è simile alle inserzioni sponsorizzate.
Ecco un esempio da Google Shopping:
Se provi a cercare su Google Shopping “maschere da sci”, Google ti mostrerà le inserzioni rilevanti. Tra queste, noterai quelle che sono state pagate dagli inserzionisti.
Questo tipo di native marketing corrisponde alla definizione di native advertising perché le inserzioni a pagamento sono presentate in modo da essere perfettamente integrate con le altre inserzioni. L’unica differenza è l’etichetta “Sponsorizzati” nell’angolo in alto a destra della pagina.
4. Widget sponsorizzati sulle pubblicazioni online
I widget con i contenuti sponsorizzati sono molto diffusi nella maggior parte delle pubblicazioni online.
Ecco un esempio preso dal The New York Times:
È in linea con il design generale della pagina, ma il widget include la dicitura “Post a pagamento: Dior” accanto al logo del marchio, ed evidenzia l’annuncio in grigio per differenziarlo dai contenuti standard del New York Times.
L’annuncio rimanda a una pagina dedicata del sito web che contiene un inserto pubblicitario creato da Dior.
5. Contenuto editoriale sponsorizzato sulle pubblicazioni online
Molte pubblicazioni permettono ai brand di sponsorizzare contenuti originali. Ecco un esempio dal sito di commedia satirica The Onion sponsorizzato da Clorox Splash.
Questo esempio di native advertising ha due diciture, “Branded Content” e “Sponsored Post”.
Il prodotto in promozione è pertinente all’argomento dell’articolo, ma non ne svaluta o sminuisce il contenuto.
L’articolo finisce con una descrizione del prodotto che corrisponde al tono dell’articolo, e un link che rimanda direttamente alla pagina del prodotto.
6. Profili dedicati ai brand sulle pubblicazioni online
Questo nuovo tipo di native advertising è stato di recente sviluppato su alcune pubblicazioni online di brand importanti e di grandi dimensioni.
Prendi ad esempio BrandVoice di Forbes.
Questo permette ai brand di pubblicare i propri contenuti sul sito accanto ai consueti contenuti editoriali di Forbes. Attualmente, organizzazioni come Mitsubishi, SAP, Deloitte e persino il governo del Giappone utilizzano questo servizio.
Nell’esempio seguente, è possibile vedere un esempio di pubblicità nativa di Deloitte presentato come contenuto editoriale. Deloitte ha anche colto l’occasione per mostrare due banner pubblicitari accanto all’articolo nativo.
4 modi per identificare il native advertising
Analizziamo un po’ più nel dettaglio le quattro caratteristiche principali del native advertising.
1. Native marketing vs Content marketing
Può sembrare ovvio, ma il native advertising è un mezzo di comunicazione per il quale i brand o individui pagano.
Di conseguenza, il content marketing non è native marketing.
È vero che il content marketing e la pubblicità nativa hanno molto in comune, ma come sottolinea Joe Pulizzi, fondatore del Content Marketing Institute:
“Odio constatare l’ovvio, ma la pubblicità nativa è “pay to play”. Se un marchio o un individuo non ha pagato, non si tratta di pubblicità nativa. Anche se i marchi possono scegliere di promuovere i loro contenuti pagando per la visibilità, il content marketing non è pubblicità. Non si paga per creare o curare i contenuti della propria piattaforma. Se lo stai facendo, dovresti smetterla subito”.
2. Generalmente gli ad nativi sono basati sul contenuto
Tieni a mente che l’obiettivo del native advertising è quello di contribuire in modo da non disturbare l’esperienza dell’utente.
Ciò significa che gli annunci devono essere utili, interessanti e altamente rilevanti per gli utenti.
È più probabile che gli utenti interagiscano con un contenuto se questo porta loro un reale vantaggio.
Ciò che è un bene per i consumatori è un bene per gli affari.
Per questo motivo, la maggior parte degli esempi di native advertising sono basati sul contenuto. Il loro scopo è quello di fornire valore, non di spingere per una vendita.
In breve: il native advertising tende a dare prima di ricevere.
Ecco perché il 70% degli individui preferisce conoscere i prodotti attraverso i contenuti piuttosto che attraverso la tradizionale pubblicità.
Quindi la chiave della pubblicità nativa è la rilevanza.
Il contenuto deve essere altamente mirato agli interessi e alle esigenze degli spettatori, se vuole attirare la loro attenzione e suscitare una loro interazione e risposta.
Ad esempio, questo articolo di Business Insider è un esempio di native advertising che presenta dei consigli utili per chi viaggia per affari:
L’articolo si concentra sull’essere veramente utile e interessante per il suo pubblico di riferimento. Solo dopo conclude con una leggera call to action che promuove gli hotel della catena Marriotts Element.
3. Gli ad nativi sono mimetizzati nei feed degli utenti
Il native advertising è mimetizzato.
Gli esempi di native advertising sono ovunque l’utente trascorra del tempo interagendo con i media – che è l’opposto degli annunci che si trovano ai lati e che sperano di catturare l’attenzione degli utenti.
Questa è la differenza fondamentale tra gli annunci nativi e gli annunci display. Ecco un chiaro confronto tra i due su Facebook, dove puoi notare il posizionamento della pubblicità display:
Gli annunci display sono stati la prima forma di pubblicità online ad affermarsi, ma adesso il native advertising è la regola.
Quindi, quando si creano campagne di native advertising, i marketer dovrebbero seguire le migliori tecniche, come ad esempio assicurare:
- che la pubblicità corrisponda al design e al layout della pagina web.
- che l’annuncio sia nello stesso formato del contenuto che lo circonda (ad esempio, video tra i video, articoli tra gli articoli, ecc.)
- che l’annuncio venga visualizzato all’interno del feed del social media dell’utente o insieme al contenuto editoriale.
In sintesi, per essere un vero e proprio esempio di native advertising, deve mimetizzarsi ovunque venga visualizzato.
4. È necessario indicare che gli annunci nativi sono una forma di pubblicità
Quando il native advertising ha messo piede nel mondo della pubblicità online, la confusione regnava sovrana. Non si riusciva mai a capire quali fossero i contenuti sponsorizzati e quali quelli autentici.
Gli influencer stavano solo “promuovendo i prodotti che amavano!” …e allo stesso tempo guadagnavano un bel po’ di soldi senza che nessuno dei loro fan lo sapesse.
Poi, la Commissione Federale per il Commercio degli Stati Uniti ha iniziato a prendere dei provvedimenti.
Secondo la FTC, i consumatori hanno il diritto di sapere se stanno visualizzando una pubblicità, il che è ragionevole, no?
E chi cerca di ingannare i consumatori deve pagare un caro prezzo.
Per esempio, la Warner Bros. ha pagato la FTC nel 2016 per aver ingannato i propri clienti durante una campagna di marketing per il videogioco Middle Earth: Shadow of Mordor.
Il motivo? L’azienda non ha rivelato in modo adeguato di aver pagato migliaia di dollari agli influencer per condividere le recensioni positive del gioco sui social media.
Quindi ecco il punto: sì, gli annunci nativi funzionano meglio quando si mescolano nei feed degli utenti, ma è necessario rivelare che gli annunci sono… beh, annunci!
Fortunatamente, la maggior parte delle piattaforme pubblicitarie come Facebook includono automaticamente la parola “Sponsorizzato”.
Tuttavia, le aziende devono fare attenzione quando collaborano con gli influencer per promuovere i loro prodotti.
Se collabori con gli influencer, devi assicurarti che includano un hashtag conforme alla FTC nei loro post sui social media per far sapere agli utenti che stanno visualizzando un tipo di native advertising.
In che modo?
Secondo la FTC e Adweek, gli unici hashtag conformi alla FTC sono “#sponsored” o “#ad”. Questo perché “entrambi gli hashtag rendono estremamente chiaro che una persona sta lavorando con un brand senza lasciare spazio all’interpretazione”.
Per chiarire, ciò significa che qualsiasi altro hashtag non è approvato dalla FTC, compresi i seguenti:
- #spon
- #paid
- #paidpost
- #partnership
- #brandsponsored
- #brandedpost
- #promotedby[brand]
- #advertisement
- #sponsoredcontent
- #sponsoredpost
- #partnership
- #brandpartnership
- #suggestedpost
Inoltre, secondo la FTC, non si può scrivere “#ad” o “#sponsored” tra gli altri 23 hashtag.
La pubblicità deve essere facilmente visibile e comprensibile per gli utenti.
Ricorda che piattaforme di social media come Instagram mostrano solo le prime righe della tua descrizione. Per questo motivo, è meglio iniziare semplicemente la didascalia dei social media con “#ad” o “#sponsored” per assicurarti che sia chiaro che si tratti di native advertising.
Perché i marketer preferiscono il native advertising?
In breve: la pubblicità nativa è più efficace della tradizionale pubblicità display.
In che modo?
L’agenzia pubblicitaria Sharethrough e IPG Media hanno intervistato 4.770 consumatori e hanno utilizzato la più recente tecnologia di eye-tracking per valutare l’attenzione di 200 consumatori per capire meglio le differenze tra gli annunci nativi e i banner pubblicitari standard.
Ecco cosa hanno scoperto:
- Gli annunci nativi sono più convincenti, e registrano un aumento del 18 percento nell’intento di acquisto rispetto ai banner pubblicitari.
- Gli annunci nativi sono più evidenti, con il 25% di consumatori in più che vedono gli inserimenti degli annunci nativi nel feed rispetto ai banner standard.
- I consumatori guardano gli annunci nativi il 53% in più rispetto a quelli display.
- Gli annunci nativi fanno aumentare del 9% l’affinità del marchio rispetto ai banner.
- Gli annunci nativi sono più condivisibili (32%) rispetto agli annunci display (19%).
Ma non è tutto.
Ricorda, le persone sono estremamente brave a evitare o ignorare la pubblicità.
Inoltre, dopo essere stati bombardati di pubblicità per tutta la vita, i consumatori possono individuare annunci pubblicitari a un miglio di distanza.
La pubblicità nativa affronta entrambi i problemi.
Mimetizzandosi con l’esperienza dell’utente, i native ads si presentano come un contenuto editoriale di valore per i consumatori.
Ciò significa che gli annunci nativi hanno meno probabilità di essere bloccati dagli ad blocker, rendendoli allo stesso tempo più interessanti per gli utenti.
Inoltre, gli annunci nativi presentati da influencer o da testate giornalistiche sono rafforzati dalla prova sociale.
In altre parole, quando i consumatori si fidano di un influencer o di una testata, hanno più probabilità di fidarsi dei contenuti o delle promozioni da loro pubblicizzate.
Il native advertising ha anche altri vantaggi principali.
Secondo un sondaggio condotto dal Content Marketing Institute, i marketer preferiscono il native advertising rispetto alla pubblicità tradizionale per la capacità di indirizzare i clienti nel funnel di vendita.
Altri benefici includono una maggiore durata di conservazione (39%), la capacità di estendere il raggio d’azione al loro pubblico target attraverso canali affidabili (34%), e la capacità di superare il disordine dei banner pubblicitari (32%).
In conclusione, la pubblicità nativa è più rilevante, affidabile e probabilmente visibile rispetto agli annunci pubblicitari.
Perché il native advertising è controverso?
A causa della natura mimetica del native advertising, molte persone credono che non sia etico.
Questo è comprensibile se si considera come è nato il native marketing. Come abbiamo detto prima, prima dell’introduzione delle regole le aziende spesso non facevano sapere ai consumatori quando mostravano loro delle pubblicità.
In questo modo la gente vedeva i consigli e le raccomandazioni come genuine e si fidava di queste, per poi scoprire in seguito che erano stati deliberatamente influenzati.
E a nessuno piace essere ingannato a comprare qualcosa.
Tuttavia, sembra che il native marketing sia destinato a continuare a crescere, quindi cosa dovrebbero fare le aziende?
Secondo Eric Goeres, il direttore dell’innovazione della rivista Time, la cosa migliore da fare è dirlo: “Non ingannare i tuoi clienti”.
Quindi gli inserzionisti e i brand devono garantire che i consumatori non siano confusi sull’intento commerciale che si cela dietro gli annunci.
Perché se fatto bene, il native advertising è una soluzione vantaggiosa per tutti:
- Gli inserzionisti guadagnano
- I brand ottengono visibilità
- I consumatori ricevono contenuti rilevanti
Native advertising: conclusione
Quindi, quali sono i tipi più efficaci di native advertising per il 2020?
- Post sponsorizzati sui social media
- Contenuti sponsorizzati da influencer
- Ricerca a pagamento e inserzioni sponsorizzate
- Widget sponsorizzati sulle pubblicazioni online
- Contenuto editoriale sponsorizzato sulle pubblicazioni online
- Profili dedicati ai brand
Le imprese gravitano verso il native advertising per la sua capacità di attirare l’attenzione dei consumatori e di stimolare l’interazione.
Ricorda, i veri nativi ads sono:
- Promozioni a pagamento da parte di brand che vengono visualizzati su canali che non possiedono.
- Visualizzati nel feed e mimetizzati all’interno dell’esperienza utente.
- Generalmente basati sul contenuto, in modo che corrispondano ai contenuti sociali o editoriali che gli utenti già si aspettano.
- Segnalati come promozioni a pagamento con intento commerciale, per lo più utilizzando i tag “Sponsorizzato” o “Annuncio”.
Infine, quando si sfrutta il potere del native advertising, si deve cercare di creare contenuti che siano rilevanti, coinvolgenti e non invasivi.
Pensi che il native advertising sia scorretto e invadente, o semplicemente una fantastica opportunità di business? Facci sapere cosa ne pensi nei commenti qui sotto!
Traduzione: Ludovica Marino